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I pazienti oltre la cura: il dottor D’Alessio e una concezione olistica delle cure oncologiche

Internista e oncologo di lungo corso, il dottor D’Alessio non si è mai limitato a curare i suoi pazienti, ma ha sempre cercato di vedere la persona oltre la malattia. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni e un impegno profuso quotidianamente nella medicina interna e oncologica, D’Alessio rappresenta un esempio di dedizione e umanità. Ancora, è con l’Associazione S.O.S. – Solidarietà in Oncologia e Sociale, da lui co-fondata nel 2013, che ha dato vita a un modello di assistenza che coniuga competenza medica e umanità, cercando di cambiare la vita di moltissime persone. 

 

Perché pariamo di un approccio olistico alle cure oncologiche? 

Originario di Casazza, dopo la specializzazione in medicina interna, ottenuta presso l’Università di Pavia, e un percorso formativo che lo ha visto lavorare in strutture di eccellenza come l’IRCCS Policlinico S. Matteo, il dottor D’Alessio si è distinto per aver sviluppato un approccio che integra la gestione clinica con un’attenzione particolare ai bisogni psicologici e sociali dei pazienti oncologici. 

 

«Il malato non è un numero, ma una persona con bisogni complessi, che vanno oltre la diagnosi», spiega. Questa filosofia lo ha accompagnato per tutta la sua carriera, in particolare durante gli anni trascorsi al Policlinico San Marco di Zingonia, dove ha diretto il reparto di Medicina ad indirizzo Onco-Ematologico e il relativo Day Hospital. 

«Lì, insieme al mio team, ho implementato un modello di gestione che rappresenta ancora oggi un punto di riferimento: non solo terapia medica, ma un supporto globale che include l’assistenza psicologica, sociale e domiciliare. Questo è stato fondamentale anche durante la pandemia di COVID-19, in cui sono stato Responsabile Clinico dell’area medica – spiega il dott. D’Alessio – gestendo in prima linea le difficoltà di un’emergenza senza precedenti». 

 

L’idea di S.O.S.: curare oltre la medicina 

«L’esperienza accumulata negli anni ci ha spinto [il dott. D’Alessio insieme ad altri collaboratori del reparto di Oncologia] a dare vita a un progetto che fosse in grado di rispondere a tutte quelle esigenze che la sola terapia medica non poteva soddisfare. È così che nel 2013 abbiamo dato vita all’Associazione S.O.S. – Solidarietà in Oncologia e Sociale, un’iniziativa che unisce medici, operatori sanitari e volontari per offrire un supporto che consideri non solo gli aspetti medici, ma anche quelli psicologici, sociali e pratici, andando incontro alle esigenze più ampie dei malati oncologici e delle loro famiglie». 

Continua D’Alessio: «ammalarsi di tumore è un evento traumatico che colpisce ogni aspetto della vita: non solo il corpo, ma anche la mente, le relazioni e la dimensione spirituale. La nostra missione è aiutare i pazienti a ritrovare una qualità di vita dignitosa, accompagnandoli in ogni fase del percorso». 

 

L’Associazione si distingue per il suo approccio integrato: oltre a sostenere la ricerca scientifica in ambito oncologico, S.O.S. punta a creare percorsi di umanizzazione delle cure. Tra i servizi offerti, ci sono il supporto psicologico, la fornitura di parrucche per i pazienti sottoposti a chemioterapia, corsi di cucina per restituire un senso di normalità e benessere, e persino l’assistenza domiciliare per i malati terminali. 

 

Dal 2013 ad oggi, l’Associazione S.O.S. ha raccolto e donato oltre 1,2 milioni di euro per migliorare la qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari. Fondamentale è il lavoro svolto dai volontari, molti dei quali sono ex pazienti o parenti di malati che hanno trovato nell’Associazione un motivo per ricambiare l’aiuto ricevuto. 

 

«È il circolo virtuoso della solidarietà: dare agli altri aiuta anche se stessi», sottolinea D’Alessio. Grazie a questo spirito, l’Associazione è riuscita a finanziare numerosi progetti innovativi, tra cui un servizio di segreteria che evita ai pazienti lunghe attese al CUP e facilita l’accesso alle strutture sanitarie. Inoltre, S.O.S. ha istituito il Premio per la Ricerca Oncologica, giunto alla sua ottava edizione, che sostiene economicamente giovani ricercatori oncologici under 35, incentivandoli a proseguire le loro ricerche. 

 

Durante l’ultima edizione del Premio, tenutasi il 15 novembre presso la Cascina San Carlo di Caravaggio, è stata premiata una ricerca sul tumore al pancreas condotta dal dottor Pierluigi Di Chiaro dello IEO – Istituto Oncologico Europeo, dai risvolti davvero interessanti. Il suo studio ha delineato un nuovo identikit delle cellule tumorali pancreatiche, identificandone le specifiche proprietà morfologiche e funzionali. Questa scoperta, unita all’uso dell’intelligenza artificiale, permetterà di personalizzare le terapie, migliorando le prospettive di cura per ogni paziente. Oltre alla borsa di studio principale di 5.000 euro, sono state assegnate menzioni speciali a quattro giovani ricercatori per lavori significativi nel campo oncologico. 

 

Il sociale: un impegno che si allarga 

Negli ultimi anni, l’Associazione ha ampliato il suo raggio d’azione includendo progetti rivolti alle famiglie in difficoltà economica. Nel post-COVID, S.O.S. ha donato oltre 50.000 euro per sostenere iniziative di solidarietà sul territorio, come quelle coordinate da Don Alberto Caravina. Ma uno degli obiettivi più ambiziosi è legato al “dopo di noi”: l’acquisto di un appartamento dove giovani con Sindrome di Down possano vivere esperienze di autonomia, in collaborazione con l’Associazione Sportiva Valcavallina Superbike, di cui D’Alessio è presidente. 

 

«Il nostro scopo è aiutare chi ha più bisogno, non solo nel campo oncologico, ma anche nel sociale», aggiunge. La collaborazione con Valcavallina Superbike, che promuove il ciclismo per persone con disabilità, dimostra quanto l’impegno del dottor D’Alessio vada oltre il suo ruolo di medico. 

 

Un modello da replicare 

Oggi, Andrea D’Alessio guarda al futuro con l’intenzione di portare l’esperienza maturata a Zingonia in nuove realtà, dove sogna di ricreare un reparto di oncologia integrato. «Il nostro approccio non è solo un modello medico, ma un modello umano», afferma con convinzione.